venerdì 1 agosto 2008

Dichiarazione di voto di Margherita Boniver per il PdL sul trattato di Lisbona

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, onorevole Ministro e onorevoli colleghi, da decenni si discute sul modo di rendere le istituzioni europee più efficienti e soprattutto più vicine alle aspettative dei cittadini. Questa è stata una battaglia storica della Lega Nord, e noi la sposiamo interamente. In altre parole, vogliamo istituzioni più democratiche e più comprensibili.È stata fino ad ora una corsa ad ostacoli, con molti traguardi raggiunti e molti fossati ancora da colmare. Difficile ignorare la più bruciante delle ultime sconfitte ai punti, che è stata inferta dal referendum irlandese, quasi fosse un evento inaspettato, che ha suscitato allarme e incredulità. Il «no» di Dublino, capitale di una delle più vistose success stories, che deve all'Europa la formidabile crescita del suo PIL e la spavalda avanzata verso la società della conoscenza, grazie ai generosi benefit di cui aveva fatto man bassa, ha lasciato anche i più acuti osservatori senza fiato. È un risultato che non lascia dubbi e che si assomma agli altri «no» - altrettanto brucianti - francesi e olandesi, che avevano bocciato allegramente il progetto di Costituzione dell'Europa. Una doccia fredda, quindi una realtà ci lascia pieni di dubbi, che si assommano ai dubbi che costantemente vengono portati avanti dalle istituzioni, che non sono ancora state riformate.Innanzitutto, dobbiamo interrogarci sul metodo più giusto per non interrompere lo straordinario cammino tracciato dai padri fondatori, tra i quali Jean Monnet, Adenauer, De Gasperi, Schumann, Spinelli fin dal lontano 1957. Comunque, dobbiamo interrogarci sul modo migliore per conciliare le esigenze imposte dai tumultuosi cambiamenti che incalzano unPag. 66mondo globalizzato, che non accetta ritardi e vischiosità. È giusta, quindi, la via scelta da molti Paesi dopo lo «schiaffo» irlandese: siamo di fronte ad un atto di fede. Il coraggio della ragione, ad esempio, ha convinto la Camera dei lord a ratificare il Trattato di Lisbona, pochi giorni dopo il risultato negativo di Dublino. Il Senato italiano lo ha fatto all'unanimità. Oggi passiamo il traguardo dei 23 Paesi che dicono «sì» al Trattato. È una scelta corretta, che forse suscita pochi entusiasmi, ma che riteniamo giusta e necessaria.Di buono, nel Trattato di Lisbona, vi è parecchio: razionalizza i trattati esistenti, valorizza il rapporto tra Commissione, Parlamento europeo e Assemblee nazionali, tratteggia un'Europa più democratica e trasparente. Avremo quindi un'Europa più efficiente, che semplifica i suoi metodi di lavoro e le norme di voto, si dota di istituzioni più moderne e adeguate all'Unione dei 27 e dispone di una maggiore capacità di intervenire nei settori di massima priorità per l'Unione di oggi. Quindi, un processo decisionale più efficace: il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio sarà esteso a nuovi ambiti politici per accelerare e renderlo più efficiente.Un quadro istituzionale più stabile e più semplice: il Trattato istituisce la figura del Presidente del Consiglio europeo, eletto per un mandato di due anni e mezzo, prevede nuove disposizioni per la futura composizione del Parlamento e per una Commissione ridotta nei suoi ranghi. Migliora la qualità della vita degli europei: il Trattato la migliora facendo propria la capacità di azione dell'Unione in diversi settori prioritari per tutti i suoi cittadini. È quanto avviene, in modo particolare, nel campo della libertà, sicurezza e giustizia, per affrontare problemi come la lotta al terrorismo, alla criminalità, all'immigrazione clandestina.
Avremo un'Europa di diritti e valori, di libertà, solidarietà e sicurezza, che promuove i valori dell'Unione europea, integra la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario europeo, prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei. Ma non illudiamoci troppo. Che dire, ad esempio, della flebile Europa á la carte - come l'ha definita Barroso - che ammette le deroghe, sancite dal Trattato di Lisbona, dell'opting out, con la conseguenza che oggi abbiamo tre fattispecie di Paesi membri: i «Paesi euro», quelli in deroga e le nazioni alle quali è stato riconosciuto il diritto di non aderire. Non era, forse, il nostro obiettivo, a lungo desiderato, quello di un'Unione che fosse per tutti i soci insieme economica e monetaria? Il risultato finale è quello di una superpotenza economica, che fatica a parlare e a comportarsi di conseguenza. Un ibrido si dirà, ma non dobbiamo essere ingenerosi. Malgrado un diffuso sentimento di scetticismo, che è nostro dovere politico combattere con tutta la nostra forza, l'idea di Europa è ancora un modello vincente che ci viene invidiato - a volte copiato senza successo - e del tutto irripetibile nell'odierno scenario politico.Questa è la ragione che impone l'accelerazione del processo di ratifica e questo è il motivo principale per il quale desideriamo, ancora una volta, ribadire con molta forza il nostro voto favorevole sulla ratifica del Trattato di Lisbona (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

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