Intervento dell’On. Margherita Boniver durante il dibattito sulla fiducia al Governo Berlusconi
Roma 13 maggio 2008
Onorevole Presidente del Consiglio, Onorevoli Ministri, colleghi, la politica estera del suo Governo nel quinquennio 2001-2006 è stata improntata alle famose tre C che stanno per coraggio, coerenza, continuità
CORAGGIO per aver inviato i nostri militari su due teatri così cruciali come quello afgano e quello iracheno. In Afganistan l’Italia ha subito assunto un ruolo primario a fianco dei nostri maggiori alleati per rovesciare il brutale destino di un popolo che negli ultimi 25 anni ha conosciuto solo gli orrori della invasione sovietica e della lunghissima guerra civile approdata nel regime oscurantista dei Taleban.
In Irak l’apprezzatissimo compito svolto dal nostro contingente nella ricostruzione di quel Paese e il contrasto al terrorismo costato un altissimo prezzo di sangue, è ancora evocato e additato come esempio di cooperazione di pace.
COERENZA per aver saputo difendere e mantenere queste missioni sottoposte a molteplici e complessi dibattiti parlamentari ma anche ad imponenti manifestazioni “pacifiste” il cui spirito di fondo rivelava un pervicace strabismo politico e un antiamericanismo duro a morire, la classica cifra di tanta sinistra italiana.
CONTINUITA’ perché i tre pilastri fondamentali della nostra politica estera, atlantismo, Europa politica mediterranea hanno goduto di un formidabile rilancio. Primo tra tutti per il rapporto davvero speciale con gli Stati Uniti d’America in un momento in cui hanno subìto la sfida più terribile della loro storia con gli attacchi alle Torri. Così come fondamentale è stata la sua azione nei confronti delle nazioni europee alla vigilia dell’allargamento a 27, che ha incluso tanti popoli che a lungo hanno sofferto sotto le dittature comuniste, per cui giustamente molti hanno parlato di riunificazione dell’Europa.
Infine le eccellenti relazioni con Israele e tanti paesi arabi hanno sempre premiato la nostra presenza sia in termini di scambi economici privilegiati che di cooperazione quando si è trattato di dossier delicati quali la lotta al terrorismo e il rilascio dei nostri ostaggi.
Cito sinteticamente solo i tratti più importanti della sua azione sullo scenario internazionale e vorrei anche ricordare quanto lei ebbe occasione di dire nello storico intervento di fronte al Congresso americano il 1 marzo del 2006: “La battaglia per la libertà dalla paura non è una battaglia a vantaggio soltanto dei cittadini dei Paesi che già vivono nella democrazia. E’ soprattutto una battaglia a vantaggio di quanti oggi vivono sotto regimi autoritari e illiberali. La storia ha dimostrato che l’aspirazione alla democrazia è universale e che libertà e democrazia sono positivamente contagiose. Quando i popoli sono esposti al vento della democrazia essi inevitabilmente rivendicano i propri diritti di libertà nei confronti dei loro governanti. Voi lo sapete bene perché il vostro Paese è il principale promotore di questo vento di libertà…...Solo con la democrazia infatti si può avere la libertà. E solo la libertà garantisce che gli individui possano sviluppare i propri talenti, possano mettere a frutto le loro energie, possano realizzarsi e conquistare il benessere. Non c’è quindi davanti a noi nessun’altra strada possibile se non quella di impegnarci tutti insieme, per diffondere la democrazia nel mondo.”
Due anni dopo l’agenda politica è in parte cambiata radicalmente e si profilano nuove formidabili sfide. Dalla minaccia delle armi nucleari presto in mano al regime iraniano alle continue interferenze sempre iraniana e siriana nel disgraziatissimo Libano; dalla perdurante sfida del terrorismo internazionale che colpisce indistintamente ignari civili a Tel Aviv, a Lahore, a Kabul, nelle località turistiche del Mar Rosso – solo per citarne alcune - la lista è ben più lunga; dallo sconvolgente scenario che si è aperto con i fortissimi aumenti dei cereali che mettono nuovamente a repentaglio la sopravvivenza stessa di quel miliardo di esseri umani costretti a vivere con un dollaro al giorno e che provoca rivolte in oltre trenta Paesi tra America latina, Asia ed Africa; dalla sostanziale impunità dei tanti regimi dittatoriali (sempre protetti e ben difesi dai veti nel CdS) che fanno strame di ogni dignità e utilizzano i loro sudditi come scudi umani, e anche qui la lista è incompleta: Korea del Nord, Birmania, lo Zimbabwe, il Darfur, solo per citare quelli che hanno l’onore della cronaca, di molti altri si sa ben poco.
Dobbiamo quindi chiederci COSA FARE affinché il Darfur non diventi solo una cause celebre per le stelle hollywodiane visto che il massacro delle popolazioni rurali inizia nel 2003 e che tutti gli strumenti messi in moto dalla comunità internazionale, non hanno posto ancora argine a quello che sta diventando un genocidio dimenticato.
COSA FARE affinché il folle regime militare comunista in Birmania – protetto dalle molte complicità internazionali - allenti la prese sul popolo martire, a cui viene persino impedito l’accesso agli aiuti umanitari dopo il ciclone che ha devastato il Paese qualche giorno fa provocando oltre centomila morti.
COSA FARE affinché l’assedio di Gerusalemme, di fatto cominciato con l’occupazione delle Milizie di Dio di alcuni quartieri di Beirut che può in qualsiasi momento congiungersi con le milizie di Hamas a Gaza, non abbia conseguenze più devastanti. Dobbiamo anche chiederci cosa fare di UNIFIL, oggi a guida italiana, che svolge con grande capacità e competenza il mandato di presidiare i confini con Israele.
Compito non privo di rischi ma anche limitato da regole di ingaggio volutamente ambigue, che dopo gli ultimi disastrosi atti golpisti nel Paese dei cedri, certificano l’esistenza di uno Stato nello Stato e la perfetta efficienza militare di Hezbollah.
COSA FARE nel teatro afghano dove da molto tempo la Nato chiede ai contingenti europei di assumere maggiori responsabilità operative con il conseguente abbandono delle limitazioni in corso.
Sappiamo che non è solo l’intervento militare a sostenere l’ancora fragile democrazia afghana ed il suo giovane presidente. Bisogna incrementare e accelerare quei sostegni economici e di ricostruzione che possano definitivamente fare la differenza per una popolazione ancora largamente provata da mille penurie.
E’ un’agenda molto impegnativa che necessita di interventi sia diretti che multilaterali ma soprattutto di una capacità decisionale e di risorse appropriate che certamente non mancheranno di manifestarsi.
Il G8 che si terrà a La Maddalena nel 2009 sarà un’occasione per Lei non solo di ospitare i leaders dei grandi Paesi ma anche di rappresentare un rinnovato ruolo del nostro Paese.
Un’Italia come protagonista responsabile in uno scenario internazionale complesso, un Paese che pur non essendo una grande potenza saprà dimostrare di avere una grande politica estera.
Roma 13 maggio 2008
Onorevole Presidente del Consiglio, Onorevoli Ministri, colleghi, la politica estera del suo Governo nel quinquennio 2001-2006 è stata improntata alle famose tre C che stanno per coraggio, coerenza, continuità
CORAGGIO per aver inviato i nostri militari su due teatri così cruciali come quello afgano e quello iracheno. In Afganistan l’Italia ha subito assunto un ruolo primario a fianco dei nostri maggiori alleati per rovesciare il brutale destino di un popolo che negli ultimi 25 anni ha conosciuto solo gli orrori della invasione sovietica e della lunghissima guerra civile approdata nel regime oscurantista dei Taleban.
In Irak l’apprezzatissimo compito svolto dal nostro contingente nella ricostruzione di quel Paese e il contrasto al terrorismo costato un altissimo prezzo di sangue, è ancora evocato e additato come esempio di cooperazione di pace.
COERENZA per aver saputo difendere e mantenere queste missioni sottoposte a molteplici e complessi dibattiti parlamentari ma anche ad imponenti manifestazioni “pacifiste” il cui spirito di fondo rivelava un pervicace strabismo politico e un antiamericanismo duro a morire, la classica cifra di tanta sinistra italiana.
CONTINUITA’ perché i tre pilastri fondamentali della nostra politica estera, atlantismo, Europa politica mediterranea hanno goduto di un formidabile rilancio. Primo tra tutti per il rapporto davvero speciale con gli Stati Uniti d’America in un momento in cui hanno subìto la sfida più terribile della loro storia con gli attacchi alle Torri. Così come fondamentale è stata la sua azione nei confronti delle nazioni europee alla vigilia dell’allargamento a 27, che ha incluso tanti popoli che a lungo hanno sofferto sotto le dittature comuniste, per cui giustamente molti hanno parlato di riunificazione dell’Europa.
Infine le eccellenti relazioni con Israele e tanti paesi arabi hanno sempre premiato la nostra presenza sia in termini di scambi economici privilegiati che di cooperazione quando si è trattato di dossier delicati quali la lotta al terrorismo e il rilascio dei nostri ostaggi.
Cito sinteticamente solo i tratti più importanti della sua azione sullo scenario internazionale e vorrei anche ricordare quanto lei ebbe occasione di dire nello storico intervento di fronte al Congresso americano il 1 marzo del 2006: “La battaglia per la libertà dalla paura non è una battaglia a vantaggio soltanto dei cittadini dei Paesi che già vivono nella democrazia. E’ soprattutto una battaglia a vantaggio di quanti oggi vivono sotto regimi autoritari e illiberali. La storia ha dimostrato che l’aspirazione alla democrazia è universale e che libertà e democrazia sono positivamente contagiose. Quando i popoli sono esposti al vento della democrazia essi inevitabilmente rivendicano i propri diritti di libertà nei confronti dei loro governanti. Voi lo sapete bene perché il vostro Paese è il principale promotore di questo vento di libertà…...Solo con la democrazia infatti si può avere la libertà. E solo la libertà garantisce che gli individui possano sviluppare i propri talenti, possano mettere a frutto le loro energie, possano realizzarsi e conquistare il benessere. Non c’è quindi davanti a noi nessun’altra strada possibile se non quella di impegnarci tutti insieme, per diffondere la democrazia nel mondo.”
Due anni dopo l’agenda politica è in parte cambiata radicalmente e si profilano nuove formidabili sfide. Dalla minaccia delle armi nucleari presto in mano al regime iraniano alle continue interferenze sempre iraniana e siriana nel disgraziatissimo Libano; dalla perdurante sfida del terrorismo internazionale che colpisce indistintamente ignari civili a Tel Aviv, a Lahore, a Kabul, nelle località turistiche del Mar Rosso – solo per citarne alcune - la lista è ben più lunga; dallo sconvolgente scenario che si è aperto con i fortissimi aumenti dei cereali che mettono nuovamente a repentaglio la sopravvivenza stessa di quel miliardo di esseri umani costretti a vivere con un dollaro al giorno e che provoca rivolte in oltre trenta Paesi tra America latina, Asia ed Africa; dalla sostanziale impunità dei tanti regimi dittatoriali (sempre protetti e ben difesi dai veti nel CdS) che fanno strame di ogni dignità e utilizzano i loro sudditi come scudi umani, e anche qui la lista è incompleta: Korea del Nord, Birmania, lo Zimbabwe, il Darfur, solo per citare quelli che hanno l’onore della cronaca, di molti altri si sa ben poco.
Dobbiamo quindi chiederci COSA FARE affinché il Darfur non diventi solo una cause celebre per le stelle hollywodiane visto che il massacro delle popolazioni rurali inizia nel 2003 e che tutti gli strumenti messi in moto dalla comunità internazionale, non hanno posto ancora argine a quello che sta diventando un genocidio dimenticato.
COSA FARE affinché il folle regime militare comunista in Birmania – protetto dalle molte complicità internazionali - allenti la prese sul popolo martire, a cui viene persino impedito l’accesso agli aiuti umanitari dopo il ciclone che ha devastato il Paese qualche giorno fa provocando oltre centomila morti.
COSA FARE affinché l’assedio di Gerusalemme, di fatto cominciato con l’occupazione delle Milizie di Dio di alcuni quartieri di Beirut che può in qualsiasi momento congiungersi con le milizie di Hamas a Gaza, non abbia conseguenze più devastanti. Dobbiamo anche chiederci cosa fare di UNIFIL, oggi a guida italiana, che svolge con grande capacità e competenza il mandato di presidiare i confini con Israele.
Compito non privo di rischi ma anche limitato da regole di ingaggio volutamente ambigue, che dopo gli ultimi disastrosi atti golpisti nel Paese dei cedri, certificano l’esistenza di uno Stato nello Stato e la perfetta efficienza militare di Hezbollah.
COSA FARE nel teatro afghano dove da molto tempo la Nato chiede ai contingenti europei di assumere maggiori responsabilità operative con il conseguente abbandono delle limitazioni in corso.
Sappiamo che non è solo l’intervento militare a sostenere l’ancora fragile democrazia afghana ed il suo giovane presidente. Bisogna incrementare e accelerare quei sostegni economici e di ricostruzione che possano definitivamente fare la differenza per una popolazione ancora largamente provata da mille penurie.
E’ un’agenda molto impegnativa che necessita di interventi sia diretti che multilaterali ma soprattutto di una capacità decisionale e di risorse appropriate che certamente non mancheranno di manifestarsi.
Il G8 che si terrà a La Maddalena nel 2009 sarà un’occasione per Lei non solo di ospitare i leaders dei grandi Paesi ma anche di rappresentare un rinnovato ruolo del nostro Paese.
Un’Italia come protagonista responsabile in uno scenario internazionale complesso, un Paese che pur non essendo una grande potenza saprà dimostrare di avere una grande politica estera.
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